La mancata predisposizione da parte del datore di lavoro di tutti i dispositivi di sicurezza al fine di tutelare la salute dei lavoratori viola in primo luogo l'art. 32 della Costituzione che salvaguardia la salute come bene prevalente a fronte dell'altro bene, pure costituzionalmente tutelato ex art. 41 Cost, della iniziativa economica privata.
La vicenda di un lavoratore, scivolato per la presenza sul luogo in cui operava di acqua e fanghiglia, ha fornito alla Suprema Corte di Cassazione l'occasione per tornare su un argomento purtroppo sempre di stretta attualità, quale la sicurezza sul lavoro.
Si tratta della recente sentenza della Sezione Lavoro n. 10145 del 21 aprile 2017.
Ricordiamo brevemente come la normativa in punto di sicurezza sia un sistema di regole congegnato in modo da non consentire lacune.
Infatti, se da una parte v'è l’art. 2087 cod. civ. (secondo il quale “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”), che adattandosi non solo alle innovazioni tecnologiche, ma, anche alle concrete condizioni di lavoro, rappresenta la norma di "chiusura" del sistema, dall'altra i suoi contenuti precettivi sono stati confermati prima dal d.lgs. 626/94 e poi dal d.lgs. n. 81 del 2008 (c.d. T.U. Sicurezza).
In generale, può dirsi che la responsabilità del datore di lavoro sia esclusa solo nel caso di dolo o di rischio elettivo del lavoratore (cioè, in pratica, quando il lavoratore scelga coscientemente e con un gesto contrario al buon senso di esporsi al rischio), ovvero quando siano presenti nella condotta posta in essere i caratteri della abnormità e della assoluta imprevedibilità, mentre l’eventuale concorso di colpa dell’infortunato, dovuta a negligenza, imprudenza o imperizia, non assume alcun valore esimente per l’imprenditore.
Inoltre, le norme di prevenzione sono volte ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose derivanti non solo da disattenzione, ma anche da negligenza ed imprudenza, di modo che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso, sia quando ometta di adottare le misure di prevenzione (in particolare di fornire i dispositivi di protezione individuale), sia quando non si accerti e vigili che di queste misure venga fatto corretto ed effettivo uso, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente all’eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l’esonero totale dell’imprenditore da responsabilità solo in casi eccezionali.
Venendo al caso in esame, vi sono due profili per i quali la sentenza in commento si caratterizza.
Il primo, concerne l'onere della prova che grava sul datore di lavoro, il quale avrebbe dovuto dimostrare, nel caso di specie, di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, attraverso l'adozione delle cautele previste in via generale e specifica dalle norme infortunistiche.
Il secondo riguarda il rapporto esistente tra due beni costituzionalmente tutelati, quali la salute (art. 32 Cost.) e l'iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), con uno sbilanciamento a favore del primo.
Infatti, secondo la Cassazione, è da ritenersi ormai ripudiato l'ideale produttivistico quale unico criterio cui improntare l'agire privato, in considerazione del fatto che l'attività produttiva - anch'essa oggetto di tutela costituzionale - è subordinata, ai sensi del secondo comma dell'art. 41 Cost., alla utilità sociale, che va intesa non tanto e soltanto come mero benessere economico e materiale, quanto soprattutto come realizzazione di un pieno e libero sviluppo della persona umana e dei connessi valori di sicurezza, libertà e dignità.
Da ciò consegue che la concezione "patrimonialistica" dell'individuo deve recedere di fronte alla diversa concezione che fa leva sul rispetto della persona, la sua dignità, sicurezza e salute, anche nel luogo dove svolge la prestazione lavorativa.
Per converso, la mancata adozione di tutti i dispositivi di sicurezza, viola l'art. 32 Cost., che garantisce il diritto alla salute come primario ed originario dell'individuo.
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