REDDITO DI INCLUSIONE SOCIALE E LOTTA ALLA POVERTA'

21 giugno 2017

Con 138 sì, 71 no e 21 astenuti, il Senato ha dato il via libera al disegno di legge delega per il contrasto alla povertà che introduce, tra le altre misure, il reddito di inclusione. Si tratta della Legge n. 33/2017, approvata lo scorso 15 marzo e rubricata appunto ‘Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali’.

Se astrattamente la “soluzione alla povertà” (come chiamata dai media) sembra una novità assai incisiva e rilevante nel nostro ordinamento, il modo con cui l’obiettivo è nei fatti perseguito sconta evidenti limiti che finiscono per renderlo se non un’illusione, certo un risultato ancora lontano dall’essere raggiunto.

Noto come progetto REIS, il reddito di inclusione è per definizione una misura varata per assicurare il sostegno economico in modo progressivo a tutte le famiglie che si trovano al di sotto della soglia di povertà assoluta. Non si tratta di un istituto completamente sconosciuto al sistema normativo italiano, ma, al contrario, andrà a rinnovare e sostituire il cosiddetto SIA, ovvero il Sostegno per l'Inclusione Attiva, introdotto sul piano nazionale il 26 maggio 2016. Quest’ultimo beneficio consiste in un aiuto economico riconosciuto a coloro che, rispettate specifiche soglie di reddito (ovvero ISEE inferiore ad Euro 3.000 annui lordi), si trovano a dover affrontare condizioni economiche disagiate nelle quali sia presente almeno minorenne, un figlio disabile o, ancora, una donna in stato di gravidanza accertata.

Nonostante tale strumento sia a regime ormai da circa un anno, i primi risultati registrati sono tutt’altro che soddisfacenti: a causa degli stringenti requisiti di accesso, dei ridotti contributi economici riconosciuti (l’importo massimo è, infatti, di soli 400 Euro per i nuclei familiari con almeno 5 membri) e del necessario coordinamento tra le diverse istituzioni territoriali, il SIA finisce per essere poco utilizzato e per non garantire un supporto concreto ed adeguato alle (fin troppe) famiglie realmente bisognose di aiuto.

Tale considerazione non è di poco conto. Difatti, in attesa che si completi il percorso attuativo della legge delega per il contrasto alla povertà con conseguente introduzione del reddito di inclusione, il SIA rappresenterà, seppur limitatamente ad un numero ristretto di soggetti, una "misura ponte" che ne anticiperà alcuni elementi essenziali. Ma andiamo per gradi.

L’assegno di povertà, come già anticipato, rappresenta, così come il SIA, una misura a sostegno del reddito prevista per le famiglie in stato di assoluta difficoltà. Tale nuovo strumento non consiste in un contributo esclusivamente economico ma in un vero e proprio percorso di inclusione attiva (lavorativa per gli adulti e scolastica per i bambini), accompagnato da un progetto sociale e sanitario previsto per l’intera famiglia. Il tutto secondo quanto stabilito dal decreto attuativo ancora in fase di definizione.

Ebbene, per poter ottenere (e soprattutto mantenere) il beneficio economico in commento, non sarà quindi sufficiente possedere determinati requisiti reddituali ISEE (raddoppiati rispetto al SIA: si parla infatti di una soglia massima di Euro 6.000 annui lordi), ma continuerà ad essere indispensabile la partecipazione a percorsi personalizzati, diretti a superare la situazione di povertà della famiglia, con necessaria tutela e salvaguardia della salute dei ragazzi e dei bambini.

Molti sono quindi i soggetti che dovranno interagire tra loro affinché il progetto possa funzionare: i Comuni, chiamati ad erogare materialmente l’assegno in associazione ad un progetto personalizzato; l’INPS, Ente attuatore del progetto e degli strumenti telematici sia per effettuare la domanda che per lo scambio di flussi dei dati tra i Comuni e, infine (questa è una novità rispetto al passato), il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, chiamato a verificare l’efficacia dell’assegno con l’effettiva integrazione attiva della famiglia.

Il pagamento del bonus continuerà ad essere effettuato tramite una carta prepagata (o il rilascio di un assegno), ricaricata mensilmente dall’amministrazione comunale e direttamente utilizzata dal beneficiario per pagare le bollette e acquistare, presso negozi convenzionati, generi alimentari e / o prodotti farmaceutici.

Gli scaglioni del suddetto bonus non sono ancora stati stabiliti ma rimessi alla definizione del decreto attutivo. Ciò che è certo fin da ora, è che tale importo dovrà continuare ad essere erogato con cadenza mensile e dovrà essere direttamente proporzionato al numero dei componenti del nucleo familiare richiedente, fino ad un massimo di 500 euro (ovvero circa 100 in più rispetto all’odierno SIA).

 

Ebbene, alla luce della disciplina appena delineata, parlare di reddito minimo in Italia appare ancora oggi un miraggio. La rigidità dei requisiti di accesso (allentati solo dalla soglia massima del reddito ISEE, pur sempre eccessivamente basso), l’esiguità degli importi riconosciuti e il necessario coordinamento tra i diversi soggetti istituzionali coinvolti (peraltro irrigiditi dalla legge delega approvata), rendono, infatti, la misura in commento assai residuale e insufficiente a garantire e supportare tutti coloro che oggi vivono in una reale ed effettiva condizione di povertà (si pensi alle famiglie che pur rientrando nei requisiti reddituali previsti, non abbiano figli minorenni, disabili o, ancora, donne conviventi in stato di gravidanza accertata).

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