Con la recente ordinanza n. 21670, pubblicata lo scorso 23 agosto 2019, la Corte di Cassazione è tornata ad affrontare un tema sempre più protagonista delle aule di giustizia. Per gli Ermellini, non ci sono dubbi: il trasferimento d’ufficio del lavoratore che deve assistere un familiare disabile è illegittimo, anche se il nuovo luogo di destinazione lavorativa del dipendente non incide sulla capacità del lavoratore di prestare assistenza al parente. La sentenza in commento si spinge infatti a riconoscere il diritto all'inamovibilità del lavoratore che presta assistenza, non solo quando lo spostamento è un trasferimento vero e proprio in senso tecnico, con passaggio quindi da un'unità produttiva ad un'altra, ma anche quando semplicemente il lavoratore cambia luogo di lavoro, pur se incluso nella medesima unità produttiva.
Come ormai ben noto, al lavoratore che assiste un disabile grave, oltre ai permessi ex art. 33, l. n. 104 del 1992, ovvero al congedo di cui all'art. 42, c. 5, d.lgs. n. 151 del 2001, l'ordinamento riconosce prerogative relative alla sede di lavoro. Da un lato, accorda, ove possibile, il trasferimento del lavoratore alla sede di servizio nel comune di residenza del disabile assistito o in quello più vicino disponibile; dall'altro lato, consente al disabile grave maggiorenne il diritto di scegliere, sempre ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, nonché il divieto di trasferimento ad altra sede, senza il suo consenso. Ma procediamo con ordine.
L'interesse del disabile a ricevere assistenza da parte dei propri familiari che prestano un'attività di lavoro subordinato è tutelato in maniera peculiare dall’art. 33, comma 5, l. n. 104 del 1992, il quale stabilisce che, in presenza di determinati requisiti, il lavoratore «ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede». Tale disposizione mira ad agevolare la realizzazione di un'ampia protezione dei soggetti disabili, tenendo conto non solo degli aspetti strettamente connessi alla loro integrità psico-fisica, ma anche del fondamentale bisogno di integrazione sociale che costituisce un fattore di sviluppo della personalità di ogni essere umano. In questa prospettiva, la limitazione del potere organizzativo del datore di lavoro si giustifica in vista della necessità di dare rilievo, anche all'interno di una relazione negoziale alla quale il disabile è giuridicamente estraneo, a interessi di natura solidaristica che inducono a valorizzare il ruolo dei rapporti personali e familiari in funzione di sostegno dei più deboli. Simile impostazione si inserisce nel più generale disegno tracciato dal Costituente che, da un lato, richiede a tutti l'adempimento dei doveri di solidarietà sociale (art. 2 Cost.) e, dall'altro, affida alla Repubblica (art. 3, comma 2, Cost.) il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Nel corso degli ultimi anni, la giurisprudenza di legittimità ha adottato un'applicazione tendenzialmente estensiva della regola contenuta nel menzionato art. 33, comma 5. Questo in particolare è quanto è accaduto con la pronuncia in commento, con la quale la Suprema Corte, allargando ulteriormente le maglie del diritto all'inamovibilità, è arrivata a riconoscerlo anche nel caso in cui lo spostamento di luogo sia ordinato all'interno della medesima unità produttiva e quindi al di fuori della fattispecie vera e propria del trasferimento definito ai sensi dell'art. 2103 c.c.. Un ulteriore passo avanti in direzione di una tutela piena ed effettiva per coloro che si trovano ad affrontare situazioni di particolare gravità. La Corte infatti, richiamando testualmente la disposizione di cui all'art 33, comma 5, ha sottolineato l'uso da parte del Legislatore del termine “sede”, anziché del diverso e separato concetto di “unità produttiva”.
Insomma, una materia delicata e in continua evoluzione che reclama a “gran voce” un intervento diretto e costante della giurisprudenza, indispensabile per delimitare i confini tra i diversi valori giuridici in campo e dettare, così, una chiara ricostruzione giuridica delle fattispecie.
Archivio news