Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito in che modo il datore di lavoro, nello scegliere i lavoratori da licenziare nell’ambito di una procedura di riduzione del personale, debba tenere conto dei carichi di famiglia dei medesimi.
Come noto, nel caso in cui intenda procedere ad un licenziamento collettivo (cioè al licenziamento di almeno 5 lavoratori nell’arco di un periodo di 120 giorni), il datore di lavoro che occupi più di 15 dipendenti deve individuare i lavoratori da licenziare tramite l’applicazione di criteri oggettivi, trasparenti e verificabili. I criteri indicati dalla legge (applicabili a meno che intervenga un accordo sindacale che disciplini il programma di riduzione del personale) sono tre e devono essere applicati congiuntamente, al fine di comparare tra loro i lavoratori. Si tratta di: esigenze organizzative del datore e anzianità aziendale e carichi di famiglia dei lavoratori.
In base a quest’ultimo criterio, chi ha un minor numero di familiari a carico (a parità di altre condizioni) deve essere “preferito” (cioè licenziato prima) rispetto a chi ne ha di più. Ciò, evidentemente, sul presupposto che il primo lavoratore sia maggiormente in grado di far fronte alla perdita del posto di lavoro rispetto al secondo. Intento del Legislatore, infatti, è ridurre, per quanto possibile, le conseguenze sociali del licenziamento collettivo, anche cercando di evitare che esso colpisca coloro che – almeno in astratto – si trovino in una posizione di maggiore debolezza economica.
La concreta applicazione di tale criterio, tuttavia, può dare luogo ad incertezze.
Nel caso affrontato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 20464/2018, il datore di lavoro, nell’applicare il criterio di scelta di cui sopra, aveva preso a riferimento i dati risultanti dalle dichiarazioni IRPEF. Di fatto, però, tali dati non rispecchiavano la reale situazione familiare di una lavoratrice, la quale aveva due figli a carico non risultanti dalle sue dichiarazioni dei redditi. Sebbene a conoscenza di tale circostanza, l’azienda aveva omesso di tenerne conto nell’applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare. In conclusione, era emerso che se l’azienda avesse tenuto conto dei reali carichi di famiglia della lavoratrice (e non solo dei dati emergenti dalla dichiarazione dei redditi), quest’ultima non sarebbe stata licenziata.
Dopo decisioni alterne nelle prime fasi di giudizio, la Corte di Cassazione ha definitivamente dichiarato l’illegittimità della condotta aziendale – e quindi del licenziamento della lavoratrice - osservando che la corretta applicazione del criterio dei carichi di famiglia impone di considerare la situazione familiare effettiva dei singoli lavoratori e “non può limitarsi alla semplice verifica del numero delle persone a carico da un punto di vista fiscale, che potrebbe risultare anche riduttiva”.
Di conseguenza, “è onere del datore di lavoro che sia a conoscenza in modo ufficiale della reale situazione economica familiare del dipendente, tener conto di quest'ultima anche a prescindere da una espressa comunicazione ad hoc del lavoratore.”
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