IL RIFIUTO DEL LAVORATORE DI RICEVERE LA LETTERA DI LICENZIAMENTO NON IMPEDISCE CHE IL RECESSO ABBIA EFFETTO
Con la sentenza n. 22717 del 6.11.2015 la Corte di Cassazione, secondo un orientamento costante, ha statuito che il rifiuto del lavoratore a ricevere la comunicazione scritta del licenziamento non inficia il perfezionamento del recesso con esso intimato.
Come spiega la Suprema Corte nella sentenza citata, secondo un principio fondamentale del nostro ordinamento, desumibile dalle norme sulla mora credendi, nonché dall’art. 1335 cod. civ. e dall’art. 138 cod. proc. civ., il rifiuto di una prestazione da parte del destinatario non può risolversi a danno dell’obbligato, inficiandone l’adempimento.
Sul punto, la Suprema Corte di Cassazione, già con sentenza n. 26390 del 2008 aveva affermato che: “Nel rapporto di lavoro subordinato è configurabile, in linea di massima (giacché non esiste un obbligo o un onere generale ed incondizionato di ricevere comunicazioni scritte da chicchessia e in qualunque situazione), l'obbligo del lavoratore di ricevere sul posto di lavoro e durante l'orario lavorativo comunicazioni, anche formali, da parte del datore di lavoro o di suoi delegati, in considerazione dello stretto vincolo contrattuale che lega le parti di detto rapporto, sicché il rifiuto del lavoratore destinatario di un atto unilaterale recettizio di riceverlo comporta che la comunicazione debba ritenersi regolarmente avvenuta, in quanto giunta ritualmente, ai sensi dell'art. 1335 cod. civ., a quello che, in quel momento, era l'indirizzo del destinatario stesso”.
Da tale principio deriva dunque, nell’ambito del rapporto di lavoro, l’obbligo del lavoratore di ricevere le comunicazioni, anche formali, peraltro desumibile pure dalla sua sottoposizione al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro.
In conseguenza, la Suprema Corte è da sempre costante nell’affermare che il rifiuto del lavoratore di ricevere l’atto scritto di licenziamento non impedisce il perfezionarsi della relativa comunicazione (così, Cass. 12.11.1999, n. 12571; Cass. 5.11.2007 n. 23061; Cass. 3.11.2008, n. 26390; Cass. 18.9.2009, n. 20272; Cass. 25.3.2013, n. 7390).
Sotto tale profilo, correttamente, nel caso di specie, la Corte Territoriale (chiamata a pronunciarsi in grado di appello) aveva fatto derivare dall’accertato rifiuto del lavoratore di ricevere la lettera di licenziamento l’avvenuta comunicazione del provvedimento datoriale, il che implica la conoscenza dell’atto nella sua integralità, ivi compresa la sua motivazione.
Rispetto alla presunzione di avvenuta conoscenza è del tutto irrilevante il successivo invio da parte del datore di lavoro di formale raccomandata, essendo lo stesso ascrivibile ad una ulteriore cautela adottata dall’azienda, come tale non certo idonea a fornire argomento di prova della mancata precedente comunicazione.
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