La tempestività è un requisito di legittimità del procedimento disciplinare, insieme alla specificità e immutabilità della contestazione degli addebiti.
Il principio dell'immediatezza della contestazione, sancito dall’ art. 7, commi 3 e 4, L. n. 300/1970 mira da una parte a garantire al lavoratore incolpato di poter prendere posizione specifica su fatti addebitatigli e approntare la migliore difesa possibile (cercando per esempio i testimoni o procurandosi la documentazione allo scopo necessaria) e, dall’altra, a tutelare il legittimo affidamento del prestatore circa il fatto che il decorso di un lungo lasso di tempo dal momento in cui il datore di lavoro ha avuto piena conoscenza dei fatti significhi la rinuncia di quest’ultimo ad esercitare il potere disciplinare.
La legge non indica, ad eccezione che nel procedimento disciplinare del pubblico dipendente, il termine entro cui alla conoscenza del presunto comportamento illecito del lavoratore debba fare seguito la contestazione disciplinare
In assenza dunque di specifiche indicazioni di legge, per costante giurisprudenza, il concetto di immediatezza e tempestività e immediatezza devono essere intesi in senso relativo, o elastico, dovendo il rispetto degli stessi essere valutato in relazione al caso concreto e alla complessità delle indagini.
La recente sentenza che qui si commenta riguarda proprio il principio della tempestività del procedimento disciplinare.
Con essa la Suprema Corte ha ribadito che in materia di licenziamento disciplinare, al fine di valutare la sussistenza del requisito dell'immediatezza della contestazione, occorre tenere conto dei motivi che possono averne determinare l’eventuale ritardo, quali , per esempio, il tempo occorrente per l'accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell'impresa, spettando in ogni caso al giudice di merito l'accertamento della violazione di tale principio.
Nella sentenza che si commenta, inoltre, la suprema Corte ha rammentato che il ritardo nella contestazione può costituire un vizio del procedimento disciplinare solo ove sia tale da determinare un ostacolo alla difesa effettiva del lavoratore, ciò in quanto il datore di lavoro deve potersi prendere il tempo necessario per ponderare e valutare responsabilmente i fatti, anche nell'interesse del prestatore di lavoro stesso.
In relazione allo specifico caso sottoposto agli ermellini, questi hanno poi precisato che, ai fini dell'accertamento della sussistenza del requisito della tempestività della contestazione, in caso di intervenuta sospensione cautelare di un lavoratore sottoposto a procedimento penale, la contestazione disciplinare per i relativi fatti ben può essere differita dal datore di lavoro in relazione alla pendenza del procedimento penale stesso, anche in ragione delle esigenze di tutela del segreto istruttorio. Inoltre la Corte ha precisato, richiamando propri precedenti orientamenti, "Il principio dell'immediatezza della contestazione rispetto al fatto è compatibile con l'intervallo necessario all'accertamento della condotta del lavoratore ed alle adeguate valutazioni di questa, cosicchè deve escludersi che incorra nella violazione di tale principio il datore di lavoro che, ai fini di un corretto accertamento del fatto, anzichè procedere a proprie indagini, scelga di attendere l'esito degli accertamenti svolti in sede penale" (Cass. n. 24769 del 2009);
In conclusione, si ritiene opportuno precisare che in tema di onere della prova della tempestività della contestazione, grava sul lavoratore l'onere di provare la tardività dell'addebito e il pregiudizio subito dal ritardo nell’esercizio del proprio diritto di difesa, ma una volta provato il lungo decorso del tempo spetta al datore di lavoro dimostrare le ragioni impeditive della tempestiva contestazione.
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